A) il demansionamento incide sulla qualità della prestazione e ricorre quando le mansioni effettivamente attribuite al lavoratore risultano inferiori rispetto a quelle corrispondenti al suo formale inquadramento (per es. il caso di un dipendente inquadrato come “quadro” cui vengono assegnati compiti da “impiegato”). Tanto l’art. 2103 c.c. per l’impiego privato, quanto l’art. 52 d.lgs. 165/2001 per l’impiego pubblico, assegnano rilievo al solo criterio dell’equivalenza formale, prevedendo il divieto del mutamento di mansioni che comporti una modifica peggiorativa dell’inquadramento derivante dal contratto collettivo (anche in assenza di reale pregiudizio alla professionalità).
B) L’inattività lavorativa incide sulla quantità della prestazione e si manifesta nel forzoso svuotamento quantitativo dell’attività, vale a dire nella situazione in cui il lavoratore sia totalmente privato di compiti da svolgere. Rappresenta la forma più grave di dequalificazione (Cassazione n. 9899/2016), in quanto si traduce nello svuotamento integrale di contenuto della prestazione. Essa lascia il lavoratore privo di qualsiasi compito, con lesione non solo del diritto al lavoro ma anche della sua reputazione e professionalità (Cassazione n. 3692/2023). È un fenomeno produttivo di responsabilità e di danno a carico del datore di lavoro (per es. Cassazione n. 10267/2024 che ha riconosciuto il diritto del lavoratore al risarcimento del danno alla professionalità derivante dall’inattività lavorativa causata dalla illegittima sospensione per cassa integrazione).
C) Fenomeno leggermente differente è la dequalificazione lavorativa: “svuotamento di mansioni” o anche “limitazione di mansioni”. Un esempio è il caso del lavoratore che, assegnatario di più compiti, viene effettivamente impiegato solo per alcuni di essi, peraltro meno qualificanti. Si rinviene una sua definizione in alcune recenti sentenze di Cassazione, in cui si fa riferimento alla concreta valutazione “se i compiti attribuiti abbiano costituito, per quantità e per qualità concreta, uno svuotamento di mansioni”, tale da integrare “una effettiva e dimensionalmente significativa deprivazione professionale” (Cassazione n. 23219/2022), che si sostanzi in un effettivo “svilimento dei compiti”, allorquando siano “ridotti ad attività meramente esecutive, prive di ogni autonomia concettuale” (Cassazione n. 3692/2023). Tale fenomeno come l’inattività lavorativa rientra nella fattispecie illecita della “sottrazione pressoché integrale delle funzioni da svolgere” (Cassazione n. 2011/2017, n. 11499/2022, n. 11835/2099).
L'Avv. Giuseppe Caristena si distingue per la sua profonda conoscenza del diritto del lavoro, offrendo consulenza ed assistenza di alto livello a tutela dei diritti dei lavoratori e dei datori di lavoro