La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con la recente ordinanza n. 26320 del 9 ottobre 2024 si è pronunciata sul principio di irriducibilità della retribuzione. ​

Nella vicenda specifica il dirigente aveva sottoscritto con l'azienda un accordo in base al quale la retribuzione era ridotta del 10%, accompagnata ad una rinuncia al trattamento minimo previsto dal CCNL.

In seguito il lavoratore impugnava tale accordo ritenendolo invalido.

La Corte d’Appello di Milano, ribaltando il giudizi di primo grado, dichiarava la nullità dell’accordo per violazione delle norme imperative che richiedono la formalizzazione in sede protetta, con condanna dell'azienda a corrispondere al dirigente le differenze retributive.

La Corte di Cassazione ha confermato tale giudizio, ribadendo il principio della irriducibilità della retribuzione, in base al quale la retribuzione pattuita all’assunzione non può essere variata senza un accordo formale in sede protetta ed in presenza di specifiche circostanze.

In particolare, la Cassazione ha sottolineato che ogni modifica delle condizioni contrattuali, quali retribuzione, mansioni o livello di inquadramento, debba avvenire nell’interesse del lavoratore.

L’interesse del lavoratore, che può giustificare tale modifica, viene individuato:

  • nella conservazione della propria occupazione;
  • nell’acquisizione di una diversa professionalità;
  • nel miglioramento delle condizioni di vita.

Inoltre, l’accordo deve essere inderogabilmente concluso nelle sedi protette, come:

  • in giudizio;
  • ispettorato del lavoro;
  • sindacato;
  • i collegi di conciliazione ed arbitrato.

In assenza di tali condizioni l'accordo di modifica delle condizioni contrattuali è nullo.


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