Una lavoratrice ricorreva ed otteneva il decreto ingiuntivo della somma a titolo di superminimo non assorbibile previsto dal contratto collettivo integrativo aziendale, venuto meno dopo la disdetta da parte del datore di lavoro di tutti gli accordi di secondo livello.

La Corte d’Appello, in accoglimento dell’opposizione del datore di lavoro, confermava la legittimità della revoca del superminimo.

La Cassazione con l’ordinanza n. 18902 del 10 luglio 2024 (scaricabile in fondo) ha confermato tale decisione, rilevando che, laddove il trattamento retributivo sia previsto, non dal contratto di assunzione, ma da un accordo collettivo (in questo caso di 2° livello), le relative clausole ben possono essere modificate anche in peius da successivi accordi.

Precisa la Cassazione he il contratto collettivo non può ritenersi incorporato in quello individuale, solo in virtù del rinvio formale contenuto in quest’ultimo.

Pertanto, se il trattamento economico è previsto dal contratto collettivo, che resta pur sempre una fonte esterna, è suscettibile di essere modificato nel tempo, secondo le ordinarie dinamiche sindacali.


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