La Corte di Cassazione con l'ordinanza dell'11 aprile 2024, n. 9778 (scaricabile in fondo), nel confermare la decisione dei precedenti giudizi (di condanna del titolare di un’azienda al versamento, in favore della ex convivente, della retribuzione oltre al risarcimento del danno per omessa contribuzione), ha ribadito alcuni concetti interessanti nei casi in cui il rapporto affettivo si intrecci con quello lavorativo.
Anzitutto, di regola ogni attività oggettivamente configurabile come prestazione di lavoro subordinato si presume a titolo oneroso, potendo, tuttavia, essere ricondotta ad un rapporto caratterizzato dalla gratuità della prestazione (“affectionis vel benevolentiae causa") qualora sia dimostrato lo scopo di solidarietà (tra le tante v. Cass. n. 7703/2018 e n. 7917/2015).
Quanto alla natura subordinata delle prestazioni rese dal convivente, bisogna considerare che le unioni di fatto sono fonte di reciproci doveri di natura morale e sociale tra i conviventi. Di conseguenza, l’attività lavorativa e di assistenza svolta in favore del convivente more uxorio assume tale connotazione quando sia espressione di reali vincoli di solidarietà ed affettività, alternativi a quelli tipici di un rapporto di lavoro subordinato (Cass. n. 1266/2016).
Sulla base di tali principi, la Suprema Corte ha confermato il giudizio di appello perchè fondato su evidenze istruttorie idonee ad escludere la gratuità della prestazione lavorativa; in particolare: la quotidiana e costante presenza della ex convivente presso la struttura del compagno, oltre al suo pieno inserimento nella relativa gestione amministrativo-contabile e nell'organizzazione del lavoro, anche implicante la spendita di specifiche competenze professionali.
Nei fatti il rapporto lavorativo era risultato talmente assorbente le energie della ex convivente da non consentirle di svolgere altra attività lavorativa, e ciò ha convinto sulla non gratuità dell’attività resa nell'interesse dell'azienda dell'ex compagno.
Infine, i giudici hanno chiarito che l'indagine sulla eterodirezione va svolta considerando lo specifico rapporto sentimentale-affettivo e di convivenza tra le parti in causa, cosicché, ai fini della subordinazione, il requisito della eterodirezione può concepirsi in forma attenuata, ritenendo sufficiente il pieno e stabile inserimento della ex convivente nella organizzazione di lavoro dell’ex compagno e l’assenza in capo alla stessa di autonomia gestionale.
L'Avv. Giuseppe Caristena si distingue per la sua profonda conoscenza del diritto del lavoro, offrendo consulenza ed assistenza di alto livello a tutela dei diritti dei lavoratori e dei datori di lavoro.