La Corte d'appello di Milano, sezione lavoro, con la sentenza n. 693 del 6 agosto 2024 ha ribadito i requisiti di validità del patto di non concorrenza nel rapporto di lavoro subordinato: forma scritta; limiti di oggetto, di durata e territoriali; un corrispettivo proporzionato a favore del lavoratore.

Il patto di non concorrenza, quale deroga alle previsioni di cui agli artt. 4 e 41 Cost., può essere sottoscritto fin tanto che non impedisca al lavoratore di “spendersi utilmente sul mercato”. Nel rispetto di ciò, il datore di lavoro può ben prevedere clausole che gli garantiscano l’“attualità del vincolo nel corso di un rapporto di lavoro in divenire” senza pregiudizio di quanto già maturato dal lavoratore.

È infatti importante considerare la ratio dei limiti al divieto di concorrenza: da una parte,​ tutelare il datore di lavoro “dagli effetti negativi derivanti da radicamento territoriale e fidelizzazione soggettiva della prestazione lavorativa originariamente resa nel suo interesse”; d'altra parte, non “compromettere l’esplicazione della concreta professionalità del lavoratore, pregiudicandone ogni potenzialità reddituale” (Cass. civ. ord. n. 5540/2021).

La validità del patto di non concorrenza va valutata caso per caso, tenuto conto degli effetti concreti complessivi del divieto.

Nel caso specifico secondo i giudici della Corte d'Appello nessuno dei predetti limiti è risultato sproporzionato:

    • l’oggetto riguardava le mansioni svolte dal dipendete e “ogni attività in potenziale concorrenza con quella del datore di lavoro”;
    • il periodo era di 10 mesi dalla conclusione del rapporto di lavoro (quindi nel rispetto del limite massimo stabilito dall'art. 2125 comma 2 cod. civ.: 5 anni per i dirigenti e 3 anni per le altre categorie di lavoratori);
    • territorialmente, l’estensione era in due Regioni italiane “ovvero quella diversa Regione ove risulti ubicata la sede di lavoro in atto al momento della cessazione del rapporto di lavoro ed anche quella diversa precedente, ove la diversa assegnazione sia intervenuta da meno di due anni)”.

Di fatto, l’ex dipendente “avrebbe potuto lavorare in qualunque attività bancaria diversa dall’intermediazione finanziaria su tutto il territorio nazionale e svolgere attività di intermediazione finanziaria fuori Piemonte e Liguria”.

Inoltre, il corrispettivo riconosciuto al lavoratore pari al 10% della RAL, con l’ulteriore garanzia di un “importo minimo garantito, laddove il rapporto di lavoro del medesimo fosse cessato prima che fossero decorsi tre anni dal primo mese di erogazione della suddetta indennità”, è stato ritenuto adeguato a fronte dei suddetti limiti.


L'Avv. Giuseppe Caristena si distingue per la sua profonda conoscenza del diritto del lavoro, offrendo consulenza ed assistenza di alto livello a tutela dei diritti dei lavoratori e dei datori di lavoro.