La Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 31551 pubblicata il 09/12/2024 afferma che il licenziamento intimato a non domino da un soggetto effettivamente estraneo al rapporto di lavoro, non è idoneo a esplicare effetti sul rapporto di lavoro instaurato con il datore di lavoro sostanziale.

In ipotesi di trasferimento (o retrocessione) d'azienda ai sensi dell'art. 2112 cod. civ., è giuridicamente inesistente il licenziamento intimato dal cedente dopo il trasferimento, trattandosi di un atto proveniente da soggetto ormai estraneo al rapporto lavorativo, con conseguente impossibilità di ratifica da parte del cessionario. La tutela che ne segue è perciò quella di diritto comune, perché il rapporto deve considerarsi in essere e deve seguire la corresponsione di tutte le retribuzioni medio tempore maturate.

In tale ipotesi il licenziamento è come se non esistesse (tam quam non esset) e non deve essere impugnato entro un termine di decadenza (v. anche Cass. ord. n. 3235/2024). Invero, la domanda avanzata dal lavoratore “è intesa soltanto a far valere l’effettività del passaggio” e non a impugnare un licenziamento, che, per essere intervenuto dopo il passaggio ex lege del rapporto lavorativo al (retro)cessionario dell'azienda, è inidoneo a inficiare gli effetti legali di tale passaggio e a determinare l'estinzione del rapporto.

Negli stessi termini anche Cassazione n. 27322/2023: “In caso di trasferimento di azienda, la cessione dei contratti di lavoro avviene ope legis ex art. 2112 c.c., sicché il licenziamento intimato dal cedente successivamente alla cessione è totalmente privo di effetti”.

In questa direzione, afferma la Cassazione nell'ordinanza n. 31551/2024, depone anche l’art. 80-bis del c.d. “DL Rilancio” n. 34/2020, che esclude che tra gli atti di costituzione e di gestione del rapporto di lavoro (citati nell’art. 38, comma 3, D.Lgs. n. 81/2015) rientri il licenziamento intimato dal datore di lavoro apparente in quanto interposto; norma di interpretazione autentica, pertanto applicabile retroattivamente.


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