Con l'ordinanza n. 21299 del 30/07/2024 (scaricabile in fondo) i giudici di Corte di Cassazione hanno affermato che la direttiva Ue sui licenziamenti collettivi si applica anche ai dirigenti, senza distinguere tra procedure collettive di esubero avviate a seguito di sospensione dell’attività aziendale con ricorso alla Cigs, o a prescindere da un iniziale utilizzo del trattamento straordinario di integrazione salariale.

I Giudici, ricapitolando il percorso legislativo che ha portato all’inclusione della categoria dei dirigenti nella procedura collettiva di esuberi di cui agli articoli 4 e 24 della legge 223/1991, hanno ricordato che la loro protratta esclusione costituiva violazione della Direttiva 98/59/Ce. In particolare, con la Legge n. 161/2014 (articolo 16) il Legislatore italiano, sanando la violazione della Direttiva, ha introdotto nell'articolo 24 della Legge n. 223/1991 la previsione (comma 1-quinquies) per cui la procedura di informazione e consultazione (d'obbligo per le aziende con più di 15 dipendenti intenzionate ad effettuare almeno 5 licenziamenti in un arco temporale di 120 giorni) si applica anche ai dirigenti. Tuttavia, tale norma non ricomprende anche la previsione di cui all'art. 4 comma 1 della L. n. 223/1991 che riguarda la procedura di licenziamento collettivo per le aziende ammesse alla Cassa integrazione guadagni straordinaria.

Orbene, i giudici di Cassazione nell'ordinanza hanno ribadito che la procedura sui licenziamenti collettivi deve applicarsi ai dirigenti in ogni caso, sia che essa nasca come procedura di riduzione del personale, sia nel caso in cui sia preceduta dall’utilizzo della Cigs.

Queste le parole della Corte di Cassazione: "a tale obbligo l’impresa che intenda procedere a licenziamento collettivo anche di dirigenti deve attenersi, informando e consultando le loro rappresentanze, tanto nei casi di licenziamenti collettivi per riduzione del personale quanto nei casi di licenziamenti collettivi post-mobilità; ciò perché l'esclusione di tale categoria di dipendenti dalle procedure previste dalla normativa europea è risultata in contrasto con la stessa e ha determinato una specifica modifica normativa proprio per rispettare gli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea (tra i quali rientra l’adeguamento all’interpretazione che della normativa UE fornisce la Corte di giustizia, a ciò deputata dai trattati)"


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