Il lavoratore che presta attività a carattere intellettuale è subordinato anche se lavora per altri committenti ed ha un proprio studio professionale.

Lo hanno chiarito i giudici di Cassazione nell'ordinanza n. 26466 del 10 ottobre 2024 (scaricabile in fondo): per la configurabilità della subordinazione  è sufficiente la sussistenza di un costante obbligo del lavoratore di mantenersi a disposizione del datore di lavoro per lo svolgimento dell'attività pattuita, sotto il potere direttivo del medesimo e con rispetto di termini di esecuzione, in modo tale che lavoratore sia effettivamente inserito nell'organizzazione economica e funzionale dell'impresa.

A negare il carattere subordinato del rapporto non valgono:

  • l'iscrizione del prestatore di lavoro ad un albo/ordine (in quanto ad una iscrizione formale, priva di valore costitutivo, può non corrispondere l'effettiva esplicazione di attività lavorativa autonoma)
  • l'emissione di fatture per il pagamento delle prestazioni lavorative eseguite (potendo tale formalità essere finalizzata proprio alla elusione della legge)
  • la circostanza che il lavoratore svolga la sua attività per una pluralità di committenti.

Il giudizio d'appello è stato quindi ribaltato per aver erroneamente considerato come decisivo l’elemento della mancanza di esclusività (in quanto il lavoratore lavorava anche per altri committenti, emettendo fatture, e disponeva di un proprio studio professionale) che, però, non caratterizza necessariamente la natura subordinata della prestazione lavorativa in attività prevalentemente intellettuali (per es. giornalista, fotoreporter).

Una pronuncia in linea con quella che abbiamo commentato poco tempo fa, che è possibile consultare CLICCANDO QUI


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