L’accordo risolutivo del rapporto lavorativo, stipulato dopo il rifiuto del lavoratore al trasferimento ad altra sede situata a notevole distanza dalla propria residenza, rientra tra le ipotesi di perdita involontaria del lavoro e dà diritto, in presenza degli altri requisiti previsti dalla legge, all’erogazione dell’APE sociale ex art. 1, comma 179, lett. a), Legge n. 232/2016, ossia l'anticipo pensionistico (che è un’indennità di natura assistenziale erogata dall’INPS a specifiche categorie di lavoratori in stato di bisogno che siano in possesso di un’età anagrafica pari ad almeno 63 anni e 5 mesi e che non siano già titolari di pensione diretta , v. Circ. INPS 20 febbraio 2024, n. 35).
Lo ha affermato la Corte d’Appello di Milano ( 3 marzo 2025, n. 160).
Il caso sorgeva in conseguenza del rigetto da parte dell’INPS della domanda di prestazione pensionistica, presentata dalla lavoratrice dopo aver beneficiato della NASpI, sul presupposto che la causale di fine del rapporto lavorativo, che aveva dato luogo all’indennità di disoccupazione, non rientra nella risoluzione consensuale nell’ambito della procedura di cui all’art. 7, L. 15 luglio 1966, n. 604 che dà diritto all’APE sociale.
Il Tribunale di Milano (n. 2614/2024) invece accertava il diritto a percepire l’anticipo pensionistico ritenendo che la risoluzione consensuale, conseguente alla modifica unilaterale (da parte del datore di lavoro) delle condizioni contrattuali, non accettata dal lavoratore, rappresenta una ipotesi “sostanzialmente identificabile con quella di perdita involontaria dell’occupazione” e, come tale, riconducibile all’ambito applicativo del citato art. 1, co. 179, lett. a).
Con riguardo allo stato di disoccupazione, i giudici d'appello di Milano hanno evidenziato che le fattispecie di cui all’art. 1, co. 179, lett. a), L. n. 232/2016 (APE sociale) ricalcano sostanzialmente quelle previste per l’accesso alla NASpI, che è riconosciuta:
- “ai lavoratori che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione” e che presentino congiuntamente i requisiti di cui all’art. 3, comma 1, D.lgs. del 4 marzo 2015, n. 22;
- “ai lavoratori che hanno rassegnato le dimissioni per giusta causa e nei casi di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro” intervenuta in esito alla procedura di conciliazione di cui all’art. 7, Legge n. 604/1966.
Tra le ipotesi di perdita involontaria del rapporto di lavoro deve ritenersi pacificamente rientrante anche l’avvenuta risoluzione consensuale del rapporto – anche al di fuori della procedura ex art. 7, Legge n. 604/1966 – a seguito del rifiuto del dipendente al trasferimento presso una sede distante oltre i 50 km dalla propria residenza e/o dall’ultima sede di lavoro o mediamente raggiungibile in oltre 80 minuti con i mezzi di trasporto pubblico (in questo senso, v. Messaggio INPS n. 369/2018; Circ. INPS nn. 142/2015, 142/2012 e 108/2006).
Ciò, in quanto, in casi del genere, la decisione del lavoratore di raggiungere un accordo risolutivo del rapporto deve ritenersi una scelta involontaria, originata dal comportamento del datore di lavoro ed a cui consegue il diritto all’indennità di NASpI, a nulla rilevando, ai fini previdenziali, né la legittimità o meno della scelta organizzativa datoriale, né la circostanza che le parti pattuiscano la corresponsione, in favore del prestatore, di somme a vario titolo e di qualunque importo esse siano (C. Cost. n. 269/2002; App. Firenze n. 258/2023).
“Se, pertanto, è generalmente condivisa – e fatta propria dallo stesso INPS – l’estensione della NASPI ai casi di risoluzione consensuale del rapporto per rifiuto del trasferimento a distanza eccedente i 50 Km, per quanto pattuita al di fuori della procedura di cui alla l. 604/66, l’identità dei relativi presupposti normativi rispetto a quelli stabiliti per l’APE sociale induce, per le stesse ragioni, ad una conforme interpretazione”.
Ed è la stessa ratio del trattamento pensionistico “a supportare l’analogia dei relativi presupposti rispetto a quelli tipici della NASPI”: l’art. 1, co. 179, lett. a), L. 232/2016 evidenza il nesso sussistente tra i due istituti, specificando che l’APE sociale potrà essere richiesta una volta conclusa integralmente la prestazione di disoccupazione, in modo da colmare il possibile distacco temporale fra la conclusione del trattamento di sostegno al reddito e la maturazione dei requisiti anagrafici per la pensione di vecchiaia (o anzianità), in favore di una platea di destinatari di difficile ricollocazione lavorativa.
L'Avv. Giuseppe Caristena si distingue per la sua profonda conoscenza del diritto del lavoro, offrendo consulenza ed assistenza di alto livello a tutela dei diritti dei lavoratori e dei datori di lavoro